È grazie alle normative europee che in Italia abbiamo una legislazione ambientale. A questo dobbiamo aggiungere i fondi stanziati dall’Europa per l’ambiente ed il clima, per i quali l’Italia è il primo beneficiario tra i 28 Paesi membri. 

Ad un mese dalle elezioni europee del 26 maggio, il WWF rilascia un dossier intitolato “Italia chiama Europa – L’ambiente ritrovato” per richiamare l’attenzione nei confronti dell’ambiente, ricordando come si stia discutendo in tutto il mondo di un nuovo Global Deal post 2020 che integri le politiche di sostenibilità con quelle climatico-energetiche e per la tutela della biodiversità all’orizzonte del 2030.

Questo rapporto è stato presentato lo scorso 16 aprile 2019  presso la sede nazionale del WWF a Roma davanti a vari esponenti politici di diverse aree politiche: Stella Bianchi, PD; on. Matilde Siracusano, Forza Italia; on. Eleonora Evi, europarlamentare M5s; Elena Grandi, co-portavoce dei Verdi; Emanuele Pinelli, +Europa; on. Elena Lucchini, capogruppo Lega Commissione Ambiente della Camera dei Deputati; Serena Pellegrino, responsabile Ambiente Sinistra Italiana. Hanno portato il loro contributo anche due giovani del movimento Friday For Future – FFF: Eugenia Aguilar Járegui, Ilaria Cecinelli e Lorenza Fiaschetti.

In questo dossier ciò che emerge è che l’80% della legislazione ambientale del nostro Paese sia di derivazione comunitaria, con evidenti benefici per l’ambiente e per il benessere dei cittadini. Inoltre, sul piano economico e sociale, i posti di lavoro nel settore “green” hanno registrato una crescita dal 2000 al 2015  di ben 7 volte superiore a quella del resto dell’economia (nonostante la crisi esplosa nel 2008).

Gaetano Benedetto, direttore generale WWF Italia ha dichiarato:

“L’Unione europea è l’istituzione che al mondo ha più correttamente colto il concetto di sviluppo sostenibile e le indicazioni per attuarlo deliberate a Rio de Janeiro nel 1992 sotto l’egida delle Nazioni Unite. E’ poi il continente che maggiormente si è interrogato sul proprio modello economico, sulla capacità della sua tenuta rispetto alla dimensione dei drammatici problemi ambientali globali. “Non bisogna però dare nulla per acquisito e rafforzare e rinnovare il ruolo dell’Europa contro il cambiamento climatico e il degrado ambientale”.

Fondi europei e norme ambientali: il paradosso italiano

Nonostante ciò, tuttavia, sono aperte a carico dell’Italia ben 17 procedure d’infrazione Ue e il nostro Paese è sotto sorveglianza con 43 istruttorie Eu Pilot (al primo posto in Europa) per sospetta violazione delle norme ambientali (dato aggiornato al 2017).

Tutto questo ci costa oltre 548 milioni di euro di multe (dato al 31 dicembre 2018) dei quali più di 204 milioni solo per le discariche abusive, oltre 151 milioni per la gestione dei rifiuti in Campania e 25 milioni per il mancato trattamento delle acque reflue urbane.

“Nelle prossime elezioni europee si misurerà anche la capacità dell’Europa di mantenere gli attuali elevatissimi livelli dei propri standard ambientali e di procedere sul terreno dell’innovazione”, è quanto emerge dal Dossier.

IL PARADOSSO DEI FONDI EUROPEI PER L’AMBIENTE IN ITALIA

La programmazione comunitaria 2014-2020 dedica tre degli undici obiettivi tematici della politica regionale europea alle “azioni per il clima”:

  1. sostegno alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio
  2. misure per la governance dei rischi e del cambiamento climatico
  3. promozione dell’utilizzo efficiente delle risorse e della tutela ambientale.

A queste priorità di investimento sono destinati, a livello europeo, 162 miliardi di euro, 114 dei quali stanziati tramite il budget dell’Ue e 48 miliardi provenienti dal cofinanziamento degli Stati membri.

A livello europeo, l’Italia è il principale beneficiario delle risorse destinate alle azioni per il clima, con quasi 19 miliardi di euro a disposizione (di cui 11 mld dal budget Ue) che rappresentano più dell’11% del totale. Gli altri paesi con dotazione almeno pari a 10 miliardi di euro sono, in ordine decrescente, Francia (14,5 miliardi), Spagna (14,36), Polonia (14,33), Germania (12,58) e Romania (10,66).

Nonostante l’Italia sia il principale Paese a beneficiare di questi fondi comunitari, è anche il Paese che in valore assoluto deve ancora spendere di più degli altri. Dei 19 miliardi disponibili, Stato e regioni ne hanno spesi solo poco più di 5,2 (28% del totale). Ciò implica che in Italia sarà necessario attivare circa 14 miliardi di fondi europei per le azioni sul clima. 

Che dire quindi delle multe onerose che paghiamo all’Europa per non rispettare la normativa in tema di ambiente e delle risorse comunitarie che ci vengono allocate e che non utilizziamo? Una situazione paradossale, che potrebbe essere sanata impiegando le risorse ancora disponibili dei fondi strutturali europei a beneficio diretto della salute dei cittadini e della tutela ambientale.

Per fare qualche esempio, potremmo investire in infrastrutture per la gestione delle risorse idriche e quella dei rifiuti, sostenendo la transizione industriale verso l’economia circolare. O, ancora, le risorse potrebbero essere utilizzate per implementare o migliorare sistemi di gestione delle catastrofi naturali a livello locale, nonché avviare attività di prevenzione e sensibilizzazione.

Sono temi sempre più urgenti che non possono più essere  rinviati. Ne va della nostra salute, di quella dei nostri figli e anche delle nostre finanze.

 

Fonti: