Tecnologia e design in ufficio: dai cubicoli agli smart office.
La tecnologia e il design hanno influito in modo determinante sul nostro modo di lavorare, di pensare, di collaborare, di produrre. Avere una prospettiva storica di come questo binomio si sia evoluto nel corso del tempo, può offrirci in questo momento di forte cambiamento del lavoro e dei suoi spazi, una visione di dove e come organizzarci. In questo articolo vediamo alcune grandi innovazioni nella storia dell’ufficio: dalla macchina da scrivere, ai cubicoli, al telelavoro degli anni ’70, fino ai giorni nostri.
Si parla, spesso male interpretando il significato dei termini, di remote working, home-working, smartworking, pensando siano sinonimi, anche se sappiamo ormai non essere così.
Grazie ad un’analisi fatta recentemente da Harvard Business Review, proviamo a ripercorrere le grandi innovazioni relative agli spazi di lavoro per cercare di anticipare quelli che potranno essere gli sviluppi nella progettazione di un nuovo modo di lavorare.
La prima innovazione degli uffici è arrivata nel 1868. È in questo anno, infatti, che Christopher Latham Sholes e colleghi brevettarono quella che sarebbe diventata la prima macchina da scrivere.
Come sempre accade quando ci sono cambiamenti nelle abitudini delle persone, all’inizio la “scrittura meccanica” suscitò molto scetticismo. Documenti scritti a mano e corrispondenza erano la norma, anche nel mondo degli affari. Ma con la produzione in serie delle macchine da scrivere -avvenuta nel 1870 – e con l’ascesa della gestione scientifica degli uffici intorno al 1900, come osserva JoAnne Yates della MIT Sloan School of Management (Docente di Work and Organization Studies) questa macchina divenne di uso comune negli uffici.
“Puoi imparare molto dalla macchina da scrivere”, scrive Agustin Chevez, architetto e ricercatore di design dell’ufficio presso la Swinburne University of Technology, a Melbourne, in Australia. “Questo è ciò che ha portato più donne nella forza lavoro dei colletti bianchi, determinando un grande cambiamento sociale.” Fu una vera innovazione, quindi: tecnica, commerciale e sociale.
Da allora, gli uffici e il modo in cui li viviamo hanno continuato ad evolversi.
Negli anni ’60 le grandi sale da pranzo degli uffici furono sostituite da angoli cottura self-service, afferma Chevez. Nello stesso periodo, file di scrivanie stipate in spazi ridotti – una disposizione presa in prestito dalla disposizione della fabbrica – iniziarono a lasciare il posto alla flessibile “privacy” dei cubicoli, un cambiamento che continuò nei decenni a venire. E le tecnologie innovative – come cellulari, personal computer ed e-mail – si sono estese fino ad oggi, diventando strumenti chiave del nostro modo di lavorare.
Oggi, nell’era della pandemia da Covid, la vita d’ufficio sta cambiando radicalmente e in tempi rapidissimi, su scala globale.
Nel giro di poco tempo milioni di lavoratori si sono trovati a dover svolgere il proprio lavoro da casa e ancora oggi, a luglio 2020, molti stanno lavorando ancora da remoto.
Con l’aiuto di alcuni studiosi come Yates, Chevez e altri, possiamo identificare tre momenti chiave nella storia degli uffici moderni.
Gli anni ’60 – I “Cubicoli”
Nel 1964 l’azienda di mobili Herman Miller ha introdotto Action Office, una combinazione flessibile di scrivanie, tavoli e pareti. Erano destinati ad aumentare la libertà di movimento e la privacy dei lavoratori. Verso la fine degli anni ’60 e ’70 la necessità di spazi per uffici cresceva rapidamente e le aziende richiedevano mobili più economici ed adattabili. Herman Miller ha così riprogettato l’Action Office per renderlo più piccolo e leggero, e altre aziende di mobili hanno prodotto soluzioni simili sull’onda di questo cambiamento.
The Action Office II mirava a dare ai dipendenti una maggiore privacy, secondo Yates. I cubicoli alla fine sono diventati un’industria da miliardi di dollari. Robert Propst, l’inventore dell’Action Office, ha trascorso gli ultimi anni della sua vita a scusarsi per la sua creazione. “Non tutte le organizzazioni sono intelligenti e progressiste”, ha detto nel 1998, due anni prima di morire. “Molte sono gestite da persone volgari. Fanno dei “cubicoli” microscopici e li riempiono di persone. Luoghi sterili e topaie.”
Gli anni ’70 – Il Telelavoro
Il concetto di telelavoro è stato proposto nei primi anni ’70 da Jack Nilles, un ex ingegnere della NASA. Lo offrì per contrastare lo spostamento dei lavoratori attraverso i mezzi di trasporto, causa di spreco di risorse durante la crisi petrolifera di quegli anni. La sua visione riguardava la creazione di uffici -satellite che consentivano ai dipendenti di un’azienda di lavorare più vicino al luogo in cui vivevano, contribuendo così a ridurre la congestione del traffico nelle aree urbane.
Negli anni ’80 e ’90, con il miglioramento della tecnologia e la riduzione dei costi associati, il telelavoro divenne più di uso comune. Negli Stati Uniti aziende come IBM e persino uffici pubblici, iniziarono a sperimentare programmi di lavoro da remoto al fine di ridurre le spese per uffici e offrire ai dipendenti una maggiore flessibilità.
Già nel 2013, il 2,5% dei lavoratori americani lavorava da remoto. Da allora, tuttavia, grandi aziende come Yahoo, Bank of America e IBM hanno deciso di terminare i contratti di telelavoro, riportando i dipendenti negli uffici fisici allo scopo di migliorare la collaborazione, la comunicazione e l’innovazione. Si era riscontrato, infatti, che la mancanza di condivisione di uno spazio fisico e dell’incontro quotidiano con i colleghi, creavano inefficienze, calo di produttività e riduzione dell’innovazione nei processi.
Gli anni ’80 – il Personal Computer
Quando arrivarono i primi personal computer negli uffici, si trattava di macchine enormi e ingombranti che spesso occupavano stanze intere, oltre ad essere condivisi dai lavoratori. Negli anni ’80 spesso si attendeva in fila insieme ad altri colleghi per ore prima di poter utilizzare il PC.
Se il computer ha rivoluzionato il modo di fare business per le aziende, il personal computer ha cambiato tutto per i lavoratori.
Come lavoreremo nel post Covid?
La natura mutevole della forza lavoro, anche a causa dell’automazione del lavoro unita all’incertezza causata da questa pandemia, avranno un enorme impatto sulle strategie aziendali, sui modelli di business, .
Secondo l’economista Peter Drucker:
“Le risorse più preziose di un’azienda del secolo scorso erano le sue attrezzature di produzione e gli assets fisici”, “Le risorse più preziose di un’organizzazione al giorno d’oggi sono i suoi knowledge worker e la loro produttività”.
Secondo la definizione di Wikipedia, knowledge worker sono professionisti altamente qualificati che operano e comunicano in modo prevalente con la conoscenza. Si annoverano in questa definizione professionisti delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, docenti, avvocati, agronomi, architetti, ingegneri, medici, infermieri, scienziati e divulgatori. Tuttavia, anche il lavoro operaio oggi avviene guidando macchine (grazie alla conoscenza), sempre più automatizzate ed autonome nello svolgimento di compiti ripetitivi.
Viviamo in una società della conoscenza e delle relazioni, dove l’informazione rappresenta la materia prima e il digitale l’infrastruttura su cui l’informazione stessa si propaga e si trasforma. In questo contesto, è difficile pensare che il nostro lavoro possa essere svolto da remoto, in modo isolato rispetto agli altri, senza interazione, senza linguaggio non verbale (non trasmissibile in video conferenza), senza quella casualità di incontro e pensiero, foriera di innovazione.
Una società di architettura italiana, la D2U (Design To Users) fondata nel 2003 e specializzata nella progettazione di luogo di lavoro e nell’implementazione di progetti di smartworking, ha provato a delineare il futuro degli spazi di lavoro, alla luce dei bisogni emergenti.
Open space modulabili, huddle rooms (piccole sale riunioni) sanificate, mense trasformate in smart canteen, rappresenteranno nuovi concetti di spazi di lavoro nel post covid. Servirà una cultura aziendale basata sulla flessibilità, sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilità e sulla fiducia. In una parola smartworking.
L’ufficio del futuro sarà molto probabilmente un “physical-smart office”, un modello ibrido per coniugare sicurezza, economia della conoscenza, fluidità delle relazioni e innovazione.
Secondo voi come sarà l’ufficio e come cambierà il nostro modo di lavorare?