#IntervistaCaffè con Giusy Sica, leader del Think Tank Re-Generation (Y)outh
Inserita da Forbes Italia tra i “100 leader del futuro under 30” nella categoria “Social Entrepreneur”, Giusy Sica è founder di Re-Generation (Y)-outh Think Tank, un team composto da donne under 30 del Sud Italia, che ha come obiettivo la valorizzazione del patrimonio culturale italiano per favorire la creazione di poli attrattivi di sviluppo territoriale. Ambizione del Think Tank è di dar vita a spazi di propulsione di attività economiche e di promozione di start-up sociali, culturali e creative partendo dalle aree più marginali, ma molto ricche dal punto di vista culturale e sociale. Sono state inserite tra le cinquanta associazioni giovanili più influenti in Europa.
Il Think Tank nasce con la partecipazione alla terza edizione di European Youth Event (EYE) 2018 – evento biennale ed uno dei forum più grandi d’Europa. Il Parlamento europeo a gennaio 2018 stava organizzando la terza edizione di EYE, l’evento europeo dedicato ai giovani europei che porta migliaia di ragazzi a Strasburgo da tutta Europa (nell’edizione 2018 si parla di 8000 giovani), invitandoli a confrontarsi su temi di stringente attualità. Giusy decide di creare il suo team in risposta a questa call europea, team composto da 11 donne under 30 provenienti dal Sud Italia, come lei.
A seguito di questa partecipazione, il Think Tank Re-Generation Youth viene inserito tra le migliori best-practices del report dell’European Youth Event 2018, e risulta essere l’unico team italiano in questo report europeo.
Giusy, ci racconti che cos’è Re-Generation (Y)outh e cosa ti ha spinto a dare vita a questo progetto?
Circa un anno fa, guardando una serie televisiva, ho avuto un’intuizione ed è nato Re-Generation (Y)outh, un think-tank a trazione femminile, con la volontà di dare voce alle giovani dotate di potenzialità di leadership, dimostrando che è possibile creare rapporti professionali improntati sulla stima e collaborazione tra donne. Mi piace pensarlo come una toolbox, una cassetta i cui attrezzi cooperano e collaborano sinergicamente insieme per la risoluzione di una problematica: si parla di transdisciplinarità, un superamento, spesso inconsapevolmente applicato, della multi- ed inter-disciplinarietà e con una sua peculiarità da ri-generare. Il team reca in sé tratti peculiari, come le sue componenti che sono professioniste e studentesse provenienti da formazioni ampiamente caratterizzanti ma con un fil rouge che le tiene unite. Comune è la volontà e la determinazione di innovare applicando e, soprattutto ripensando, il concetto di ri-generazione, parte integrante del nome, affrontato dal macro al micro significato attraverso la connessione, dalla doppia valenza: sia quale meccanismo di informazione volto a trasmetterne l’approccio sia alla base della composizione del gruppo. L’innovazione passa per la transdisciplinarità in vista di una ri-generazione. Una base scientifica fondamentale che incontra due aspetti sociali altrettanto importanti per quanto concerne formazione e lavoro: il mondo delle donne ed il mondo dei giovani, entrambi che necessitano di un occhio che ne osservi con attenzione le dinamiche insite.
E’ una scelta l’essere un team di sole donne? Se sì perchè e cosa volete comunicare?
Sì, è stata una precisa e mirata scelta di rottura:
Siamo un network operativo di tipo bottom-up e siamo 11 ragazze campane e lucane under-30 che vogliono dialogare di cultura e di innovazione coi principali decision makers.
Essere donne, essere considerate nuove meridionaliste, riportare l’attenzione sulla cultura e focalizzarsi su un approccio transdisciplinare e STEAM rappresenta uno stravolgimento degli stereotipi. La nostra dis-ruption avviene su due fronti: rivestiamo la Millennial Generation dei meccanismi positivi di connessione e condivisione e ci riappropriamo del dialogo e della comunicazione coi decision makers. Il nostro è un fattore Y che, al pari di una sequenza cromosomica, risulta determinante. Rappresentiamo il Sud conosciuto, vissuto, studiato ed interrogato.
Siamo 11 donne in una nazione al penultimo posto per presenza femminile nel mondo del lavoro e, ancor più bassa, riguardo le posizioni di leadership. Vogliamo trasmettere l’idea che fare rete sia possibile, soprattutto per colmare un gap, alle volte non solo numerico, ma figlio di una propugnata esclusività enfatizzata che spesso è mista ad un’esclusione. Quella stessa esclusione che abbassa le percentuali ed appiattisce le presenze femminili.
Che progetti avete per questo Think Tank? Volete trasformare questa iniziativa in una società e con quali scopi?
Puntiamo al dinamismo: l’innovazione continua e l’approccio è destinato ad evolvere. Vogliamo creare una struttura umana, essere uno strumento, una via di comunicazione per la nuova generazione cercando di dare voce alle storie d’innovazione quotidiana a cui nuove professionalità lavorano tutti i giorni, a partire dai territori, da quello che mi piace definire come paesaggio umano. Parallelamente, miriamo ad essere un ponte, un anello di congiunzione tra la collettività territoriale, tra le comunità e la politica insieme agli stakeholder. La sfida perenne ha un nome preciso: tempismo.
Avete ottenuto importanti riconoscimenti a livello Europeo. Siete state invitate ad andare a Strasburgo lo scorso giugno e anche recentemente siete andate al Parlamento Europeo. Ci racconti questa esperienza internazionale?
La nostra esperienza europea inizia a Strasburgo, con l’European Youth Event 2018, un evento lanciato dal Parlamento Europeo ogni due anni. Da quel momento abbiamo ottenuto importanti riconoscimenti e portato avanti scambi interessanti, due tra le nostre proposte sono state inserite nel report finale “SpeakUp! Europe” ed una è stata discussa in commissione. Nel giro di pochi mesi siamo ritornate a Bruxelles, selezionate tra le cinquanta associazioni giovanili più influenti in Europa. Questa esperienza internazionale ha rappresentato per noi un banco di prova, un modo per testare effettivamente composizione e metodo del team e per rafforzare la nostra filosofia di gruppo. L’approccio integrato è stato l’elemento principe di entrambe le proposte che incontrano territorio, cultura ed ambiente: protagonista è il patrimonio culturale che reca in sé un valore fondamentale ed un forte potenziale in crescita, necessari allo sviluppo delle aree rurali. E’ in queste che il paesaggio culturale attesta l’identità della società presente sul territorio. Abbiamo insistito molto sulla Convenzione di Faro: si tratta di un ribaltamento di prospettiva che aveva già riscontrato un certo interesse a Strasburgo. In parallelo, la seconda proposta punta alla valorizzazione dei siti Unesco all’interno delle aree rurali e marginali, quali poli attrattivi per lo sviluppo di territori, spazi di propulsione di attività economiche e di promozione di start-up sociali, culturali e creative.
Il ricordo che più mi accompagna è la percezione tangibile di essermi sentita cittadina europea sotto tutti gli aspetti. Siamo tutte rimaste sorprese dal clima di totale presenza e ascolto. In quelle giornate le istituzioni europee ci chiedevano dei consigli e noi ci siamo sentite ascoltate. E’ stato molto emozionante poi confrontarci con il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, che ha insistito sui valori della cultura e dell’arte come collante e che ci ha incoraggiate nel nostro percorso.
Ci puoi fare qualche esempio di progettualità che avete in cantiere? A cosa state lavorando?
Attualmente stiamo lavorando a due progetti in particolare, dalla tipologia complementare: il report #100BeWINCulture ed il Reg_You! Podcast.
Il primo ci sta impegnando particolarmente perché si tratta di un’indagine, una ricerca, una fotografia della realtà che analizza due tasselli del mondo del lavoro: il mondo della cultura e le donne.
Abbiamo elaborato una metodologia partecipata che punta a far emergere il valore sociale, civico ed umano che si nasconde dietro ai numeri, alle statistiche, al margine di errore che smette di essere tale.
Nel contempo stiamo dando voce ai giovani ed ai nuovi professionisti del settore, a coloro i quali s’impegnano sul territorio con le loro attività quotidiane ed abbiamo scelto uno strumento che oserei definire un po’ vintage. Le puntate del nostro podcast raccontano le storie d’innovazione quotidiana, lanciano spunti ed aprono dibattiti: è il nostro modo di creare la giusta connessione. Inoltre, a breve ripartiranno i nostri che mettono in connessione, in senso transdisciplinare, una serie di realtà operanti sul territorio con tavoli di confronto e l’intervento di imprenditori, professionisti, ricercatori e addetti ai lavori. L’obiettivo resta quello di ri-generare e condividere conoscenza, finalizzata alla valorizzazione delle risorse culturali ed economiche. Vogliamo e possiamo utilizzare appieno tutti gli strumenti che la Generazione Y ha elaborato: la connessione mira a trasmettere le best practices presenti sul nostro territorio. Replicheremo la “tavola rotonda” tra gli innovatori ed il gruppo, un’interazione di voci e di saperi, uno scambio dinamico di esperienze volti all’ambiziosa creazione di una rete che poggi sui territori perché punto di partenza e punto di arrivo è la “partecipazione consapevole”: unica leva e fulcro di un’innovazione che continui.
Ringrazio Giusy Sica per questa intervista ricca di ispirazione per tutti gli innovatori italiani, per essere un esempio di intraprendenza e capacità di creare una rete positiva riconosciuta tale anche dal Parlamento Europeo.
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Info sull'autore
Mi occupo di strategie per l’innovazione, di business model design, di valutazione degli impatti della discontinuità aziendale e di progettazione di nuove soluzioni innovative. La mia passione è connettere persone, talenti e skills con lo scopo di stimolare l’innovazione e creare un ecosistema sano e innovativo.