Al Forum Ambrosetti dello scorso settembre, un interessante intervento dell’economista Veronica De Romanis, portavoce dell’Advisory Board del lavoro di ricerca di Ambrosetti Club, analizza i fattori di crescita per le nostre aziende e fornisce delle proposte al Governo e alle imprese per tornare a crescere.

L'economista Veronica De Romanis

L’economista Veronica De Romanis

Il fulcro dell’analisi e’ la stretta correlazione tra produttività e crescita economica.

De Romanis evidenzia che le imprese italiane crescono poco, meno di quelle europee, perché, in media, sono più piccole, poco managerializzate e investono meno nella conoscenza.

Lo Stato, d’altro canto, non incoraggia un ambiente pro-business e alloca in modo poco efficiente le risorse disponibili.

Come si e’ giunti a questa conclusione? Attraverso un’analisi della produttività, una delle migliori chiavi di lettura, perchè correlata alla crescita.

La De Romanis si riferisce in particolare alla produttività multifattoriale, non quella del capitale o del lavoro, ma l’insieme di fattori, quali ad esempio, la meritocrazia, la managerialità, la digitalizzazione, l’equità, la formazione, il know-how e l’ambiente economico. La produttività multifattoriale non è osservabile, afferma l’economista, ma viene calcolata in modo residuale, come crescita dell’output non imputabile a variazioni di produttività del lavoro e del capitale.

Ciò che emerge dai dati è che la produttività multifattoriale nelle imprese italiane ha contribuito in modo negativo alla crescita, vale a dire ha agito da freno, mentre negli altri paesi è positiva.

crescita media annua del PIL

Qual è il ruolo di imprese e governo per tornare a crescere?

Le imprese possono agire su due elementi fondamentali:

  1. Più meritocrazia, meno faminilismo
  2. Più investimenti in formazione e in tecnologie digitali

Dal grafico emerge come il gap manageriale italiano rispetto ad altri Paesi europei, sia espressione di una scarsa meritocrazia:

gap manageriale italiano

Inoltre, investire in conoscenza e capitale umano significa anche valorizzare il talento, cosa che nelle nostre aziende non avviene come in altri Paesi:

il talento paga poco

Il Governo, secondo De Romanis, dovrebbe agire sui seguenti fattori:

  1. Riforma della Pubblica Amministrazione, attraverso:
    1. Definizione del perimetro (cosa fa lo Stato e come lo fa)
    2. Aumento dell’efficienza
    3. Riallocazione delle risorse verso i settori in cui lo Stato fa la differenza
  2. Accrescere il capitale umano
    1. Più donne nel mercato del lavoro
    2. Alternanza scuola-lavoro e politiche attive per i giovani
    3. Programmi di formazione permanente (solo il 30% degli over 25 continua a formarsi)

Per quanto riguarda il capitale umano, soffermiamoci sull’occupazione femminile e giovanile, che risulta un fattore critico di crescita economica per il nostro Paese.

In particolare, l’occupazione femminile al 52,5% (dato Eurostat 2016) è penultima in Europa, prima della Grecia, dopo Croazia e Malta, come si vede dal grafico:

l'italia non favorisce l'occupazione femminile

Anche sul fronte occupazione giovanile, vantiamo il primato di NEET – 25,5% di giovani 15-34 anni che non lavorano e non studiano – con picchi intorno al 40% nelle regioni meridionali:

giovani fuori dal mondo della formazione e del lavoro

De Romanis afferma che se le imprese e lo Stato avessero valorizzato questi fattori negli ultimi vent’anni, il PIL nel 2016 sarebbe stato 1920 miliardi euro contro i reali 1571 miliardi, con un differenziale quindi di +349 miliardi di euro.

E’ necessario quindi lavorare sui fattori che incidono sulla produttività delle imprese, non solo il capitale e il lavoro, ma anche quegli elementi residuali che pero’ hanno un impatto importante sulla crescita e sulle competitività delle imprese e del sistema Paese.