Ad ogni click, ad ogni like ognuno di noi lascia impronte digitali indelebili dietro di se’. Cosa sa Facebook di noi? Che utilizzo fa dei nostri dati? E’ un tema molto attuale e dibattuto e fino ad ora ci era difficile sapere quali fossero queste nostre impronte, risalire ad ogni nostro passo digitale, come Pollicino, alla ricerca della strada di casa attraverso i “sassolini” lasciati dietro di se’.

Chi non vorrebbe sapere qual è la propria identità online, che uso ne fanno le aziende pubblicitarie, il governo stesso, come (e se) veniamo manipolati attraverso la nostra attività sui social network?

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Oggi c’è DATA SELFIE, una nuova applicazione che rivela molte informazioni che Facebook possiede su di noi.

Data Selfie e’ uno strumento che fornisce insights sul nostro profilo online , predizioni sulla nostra personalità e sull’uso che viene fatto sui nostri dati. Attraverso questa applicazione possiamo tenere traccia dei nostri dati, che non sono limitati ai nostri post o like, ma anche cosa leggiamo e per quanto tempo ci soffermiamo su alcuni contenuti. Permette agli utenti di sapere cosa Facebook e le altre società online possono sapere di noi.

Data Selfie fornisce quindi una prospettiva innovativa sul data mining, sull’intelligenza artificiale e sull’identità on-line attraverso l’interazione sui contenuti di Facebook (ed altre piattaforme digitali), e attraverso questa predice la nostra personalità.

Nell’era dell’informazione e dei big data si possono avere due atteggiamenti verso la tecnologia: la si può temere come il peggiore dei mali di questo tempo, così come si può nutrire una speranza smisurata, pensando possa salvare l’umanità da tutte le minacce presenti e future. Probabilmente nessuno di questi pensieri portano ad una risposta corretta. Una cosa però è certa: i big data, che ognuno di noi crea ogni giorno, stanno definendo le nostre vite sempre di più. E’ quindi sempre piu importante prendere consapevolezza della rilevanza dei nostri dati on-line.

Diciamo subito che questa applicazione e’ stata creata da due giovani sviluppatrici, Hang Do Thi Duc e Regina Flores Mir, entrambe provenienti dalla Parsons School of Design di New York.

aaeaaqaaaaaaaafmaaaajgfhodywmgyzltizzjutngmyoc05zwizltyzmdk5zmy0otuwygDo Thi Duc che è tedesca, ma vive a New York, ha iniziato a sviluppare Data Selfie attratta dalla curiosità di sapere come le sue abitudini di navigazione in internet influissero sul suo profilo pubblico. In un’intervista ha detto: “Spendiamo così tanto tempo on-line che viene da domandarsi se le aziende sappiano più di noi di quanto non ci rendiamo realmente conto”. Il progetto che ha sviluppato allarga il concetto di “privacy dei dati” ed arriva ad analizzare gli algoritmi sempre più avanzati che vengono utilizzati per determinare il profilo degli utenti on-line.

058f5edLa sua socia, Regina Flores Mir, che si occupa di research, product and strategy,  ha detto che molte persone pensano di “non aver nulla da nascondere” sui social network, ma le aziende utilizzano degli algoritmi che prevedono le personalità degli utenti in modo molto strutturato e complesso. Ad esempio, dice Flores Mir, le aziende non si limitano a considerare un profilo “democratico” solo perché quell’utente segue su Facebook la pagina di Hillary Clinton. Gli algoritmi predittivi sono molto più complessi e considerano molti altri interessi periferici ed interazioni sui social network. “Le persone non sembrano capire che non c’è una correlazione uno-a-uno di ciò che si fa on-line, ma sono le interazioni apparentemente banali che sono predittive di chi sei”, ha detto. “Questo è ciò che Data Selfie sta cercando di dimostrare”.

Il team sta attualmente utilizzando il sistema di apprendimento automatico di IBM Watson per sviluppare la tecnologia. Sta inoltre lavorando nello sviluppo di partnership con altri ricercatori. Il mercato cui si rivolgono sono i genitori e gli insegnanti, per consentire ai bambini e ai ragazzi di diventare consapevoli di cosa le aziende sanno di loro attraverso i dati che lasciano sui social network. Il team ha anche parlato con organizzazioni di difesa del governo americano, su come indirizzare gli utenti ed aiutarli a capire meglio il concetto di privacy.

“Non si tratta di controllare cio’ che i ragazzi fanno online, ma è importante educarli su come internet funziona, le implicazioni del loro comportamento on-line, in modo che possano prendere decisioni consapevoli”, ha detto la Flores Mir.

E forse non e’ un tool solo per ragazzi e bambini, ma per tutti noi, che ogni giorno attraverso ciò che leggiamo on-line, che postiamo, che condividiamo rendiamo pubblica la nostra identità, le nostre preferenze, le nostre abitudini. Non si tratta di demonizzare i social network, ma rendersi consapevoli di come il loro uso possa avere implicazioni sulle nostre scelte commerciali, politiche, professionali e personali.