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Disegno di mio figlio Pietro

La capacità di intuire lo stato d’animo degli altri, le loro emozioni, aspettative, incertezze eccetera, credo sia alla base del successo di molte relazioni, non solo lavorative intendiamoci, anche personali. Intuire prima e comprendere poi, possono essere le chiavi di un rapporto duraturo basato sulla fiducia e sulla sincerità. Ma l’intuizione così come la comprensione del contesto e di chi ci sta dentro non sono sufficienti. Serve il rispetto dell’altro, il riconoscere che non siamo tutti uguali e ciò che può non disturbare me può, al contrario, essere un elemento di noia per qualcun altro.

L’affinamento di queste capacità, che in ambito lavorativo vengono chiamate con il brutto termine di “competenze” , deriva dal prendere consapevolezza di noi stessi, delle nostre debolezze e fragilità, delle nostre paure che possono esserci state d’ostacolo in molte situazioni della nostra vita.

Per questo ritengo che con la maturità questa maggiore consapevolezza verso noi stessi ci renda più sensibili anche verso gli altri, migliorando quell’empatia che è alla base dei buoni rapporti con gli altri e, in ultima analisi, della nostra felicità.

Anche l’uso della tecnologia e della comunicazione sui social network sono un’ottima palestra per apprendere nuove capacità di ascolto, di lettura, di interpretazione, di linguaggio, di intuizione. Molto spesso ci troviamo a dialogare e a scambiarci opinioni con persone sconosciute, secondo una logica un po’ antica secondo cui è necessario aver preso almeno un caffe’ insieme per poter affermare di conoscere qualcuno. Oggi giorno maturiamo una comprensione degli altri anche solo ascoltando e leggendo ciò che dicono, come lo dicono, come interagiscono con gli altri.

Chissà se eravamo abituati ad “ascoltare” così prima di Facebook e di Twitter!

Nell’era digitale, della società aperta, della sharing economy, dell’economia sostenibile e multistakeholders, l’intelligenza emotiva è fondamentale per riuscire ad avere successo. Non saper valorizzare le intelligenze altrui, creando connessioni, lavorando sui network e sulle communities, è la strada maestra verso l’isolamento e il fallimento.

E finiamo quindi per parlare di intelligenza emotiva intesa come:

La capacità di controllare i sentimenti ed emozioni proprie ed altrui, distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni

secondo la definizione dei professori Peter Salovey e John D. Mayer, che ne hanno parlato per la prima volta nel 1990 nel loro articolo “Emotional Intelligence”.

Tale definizione e’ stata successivamente aggiornata con questa, più completa ed esplicativa :

L’intelligenza emotiva coinvolge l’abilità di percepire, valutare ed esprimere un’emozione; l’abilità di accedere ai sentimenti e/o crearli quando facilitano i pensieri; l’abilità di capire l’emozione e la conoscenza emotiva; l’abilità di regolare le emozioni per promuovere la crescita emotiva e intellettuale”.

 Il tema è molto complesso, ma ciò che mi preme sottolineare è la sempre piu rilevanza che viene data oggi all’intelligenza emotiva rispetto al quoziente intellettivo, anzi la prima diventa il presupposto per rafforzare l’intelligenza cognitiva, attraverso la maggiore consapevolezza, motivazione, comprensione e controllo delle proprie ed altrui emozioni.

Oggi una ricerca dimostra addirittura che l’intelligenza emotiva è un fattore determinante per il successo lavorativo.

TalentSmart ha testato l’intelligenza emotiva di più di un milione di persone e ha scoperto che questa è la causa del 58% della performance lavorativa. Sempre questa ricerca dimostra che il 90% delle persone che occupano posizioni professionali di rilievo hanno alti quozienti di intelligenza emotiva e guadagnano mediamente di più (29 mila dollari per la precisione).

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Ciò che pero’ e’ a mio avviso degno di nota riguarda la tesi di un recente studio condotto dalla Scuola Foster of Business presso l’ Università di Washington, secondo cui le persone hanno bisogno di dimostrazioni che l’apparente intelligenza emotiva sia autentica: le emozioni non devono quindi essere manipolate o manipolatrici.

Secondo la ricercatrice Christina Fong, parlando dei collaboratori in ambiente lavorativo, afferma:

“Le persone non sono automi senza cervello, riflettono sulle emozioni che riscontrano e vogliono sapere se sono sincere o manipolatrici”.

Quando si parla di emozioni, di controllo delle emozioni e delle aspettative altrui, il confine tra autenticità e manipolazione può essere labile. Per questo motivo è fondamentale saper essere sempre integri, trasparenti e aperti. Questo sui social media appare sempre più importante e rilevante. Veniamo costantemente messi alla prova e la nostra coerenza è misurata e verificata quotidianamente sulle diverse piattaforme online.

Intelligenti (emotivi e cognitivi) sí, ma con autenticità e coerenza.

“Essere autentici e sinceri richiede una certa dose di vulnerabilità, trasparenza ed integrità”. (Janet Louise Stephenson)