Anche i più scettici e refrattari all’uso dei social media si stanno rendendo conto che ignorare, snobbare, arginare questo fenomeno non è più possibile, oltre ad essere controproducente e dannoso. Avendo modo di parlare con manager, imprenditori e  consulenti, mi rendo conto che troppo spesso i social media sono considerati ancora oggi una “perdita di tempo”, uno spazio superficiale e spesso inutile. Ci sono ancora molte organizzazioni, anche multinazionali di grosse dimensioni, che bloccano i propri dipendenti dall’uso di Facebook, Linkedin e Twitter nel luogo di lavoro. E’ quanto emerge da uno studio condotto da Robert Half Technology su un campione di 1400 CIOs negli Stati Uniti, che mostra come questo avvenga ancora nel 54% dei casi esaminati. Al contempo ci sono studi che evidenziano un problema di leadership non indifferente, che si riflette sullo scarso “engagement” della forza lavoro: negli Stati Uniti 7 lavoratori su 10 non risultano coinvolti attivamente nel loro lavoro (a livello globale questa percentuale sale all’87%!).

Se mettiamo insieme questi dati, il basso livello di “engagement” della forza lavoro nelle aziende e l’approccio conservatore di alcuni manager e imprenditori verso le nuove tecnologie digitali, possono emergere alcune considerazioni interessanti in merito alla relazione tra l’uso dei social media, stile di leadership, innovazione e vantaggio competitivo. Proviamo ad analizzare.

– La generazione Y (chiamata anche Millennials o Next Generation, cioè i nati tra gli anni ottanta e i primi anni duemila nel mondo occidentale)  manifesta un desiderio molto forte per una occupazione che porti, oltre all’autonomia economica, anche un significato più ampio a ciò che si fa. Il lavoro viene percepito come un modo per esprimere se stessi, in cui portare la propria creatività, il proprio spirito di iniziativa, in un ambiente che sia aperto e collaborativo. E’ anche la generazione caratterizzata da una maggiore familiarità con l’uso delle tecnologie digitali, i media e la comunicazione. Questo può rappresentare una grande opportunità per le aziende ad accogliere l’uso dei social media in modo positivo ed innovativo, da un lato ponendo al centro dello sviluppo organizzativo le competenze digitali, che sono trasversali per loro natura, dall’altro coinvolgendo in questa transizione le generazioni più giovani. Continuare adignorare questi nuovi bisogni, nuovi modelli di comunicazione e di lavoro, porta alla deriva di queste realtà e mina la loro sopravvivenza.

– Ne deriva che l’impatto nelle organizzazioni “tradizionali” è dirompente. Nell’era industriale le organizzazioni si sono basate sulla “gerarchia”, sulla definizione rigida di ruoli che rappresentavano “caselle” dell’organigramma in cui venivano svolte determinate funzioni ben definite e profilate. Lo scopo (e il risultato) era l’efficienza, la prevedibilità delle azioni, nell’ambito di una comunicazione top-down. Nell’era post industriale, o digitale, che stiamo vivendo, il vantaggio competitivo si conquista attraverso la velocità di risposta ai tanti stimoli che arrivano da un mercato globale e dalla capacità di innovare, di creare valore attraverso la creatività, l’execution e l’appeal che deve incorporare il “nuovo”, che sia un prodotto, un nuovo modello di business, una nuova forma di commercializzazione.

image

– La risposta che molte organizzazioni stanno mettendo in piedi per creare il terreno fertile all’innovazione, consiste proprio nel ripensare al modello di leadership, nel passare da un’organizzazione gerarchica a un’organizzazione aperta, trasparente, olistica, in una parola “social“.  Le resistenze culturali possono essere molto forti principalmente per la perdita di controllo che rischiano di affrontare molti manager. E’ la sfida insita nel passaggio da Manager a Leader: non si controlla più la propria sfera lavorativa attraverso il titolo nella struttura organizzativa, ma attraverso la propria influenza, che deriva dalla competenza, dalla capacità di attrarre followers ma soprattutto di creare nuovi leader.  Le resistenze più forti al cambiamento, inteso in tal senso, spesso arrivano dal middle management, che sono i più coinvolti nella gestione della quotidianità e spesso non hanno la visione necessaria a comprendere questo passaggio. Inutile negare che chi più teme un’organizzazione “social”, aperta, flat, dove il controllo si sposta dal “titolo gerarchico” alla capacità di fare network e di influenzarlo al tempo stesso, è anche colui che è impreparato, che non si è evoluto con i tempi, che teme il “sorpasso”, il confronto, in una parola il “manager mediocre“.

La grande sfida che molte organizzazioni dovranno affrontare nel brevissimo tempo è quindi, in estrema sintesi, quella di passare dal “controllo” alla “fiducia”, un cambio di stile di leadership che molti manager dovranno porsi come obiettivo, anche personale direi. Se si desiderano dei dipendenti o collaboratori impegnati attivamente nel loro lavoro è necessario che questi percepiscano di poter dare il loro contributo, fare la differenza, attraverso la loro creatività in un contesto di fiducia, autonomia e collaborazione. Nell’era digitale è necessario assicurarsi che i social, e il digitale più in generale, vengano utilizzati per migliorare le performance, prendere le migliori decisioni in tempi più rapidi, catturare gli stimoli esterni con tempestività, evitando l’utilizzo di questi strumenti per “perdite di tempo”, svago e chiacchiericcio (almeno nel posto di lavoro).