Il controllo direzionale nella start-up: overhead o fattore di successo?
Può aver senso parlare di Controllo Direzionale in una start-up? Una start-up, soprattutto nella sua fase iniziale di vita (“early stage”) ha in sé un grado di incertezza molto elevato, dovuto in genere alla scarsa conoscenza del mercato, una tecnologia da testare e da mettere a punto, un business model da validare. E’ questa la fase in cui il tasso di mortalità del progetto imprenditoriale è elevatissimo.
Generalmente quando la startup riceve il primo finanziamento dall’investitore (business angel, incubatore/acceleratore o friends and family) pensa di aver raggiunto il suo obiettivo più importante e che da lì in avanti la strada sia in discesa.
In realtà è quello il momento più delicato in cui bisogna pensare al proprio progetto, rendere misurabili le azioni che si intraprendono per renderlo appetibile al mercato, pensare all’organizzazione e ai processi (per quanto “elastici” ed adattabili) e, last but not least, avere chiara la struttura economico-finanziaria, la politica dei prezzi e la break-even analysis (su cui si e’ già scritto su questo blog).
Diventa quindi essenziale porre l’attenzione sul CONTROLLO DI GESTIONE o CONTROLLO DIREZIONALE, elemento spesso trascurato principalmente per la mancanza di competenze specifiche all’interno del team di startupper (generalmente sono persone con background commerciale/marketing o tecnologico).
Se però per Controllo Direzionale si intende “assumere un controller” allora una start up non se lo può permettere (e forse non avrebbe nemmeno molto senso…). Infatti il controllo direzionale serve laddove vi è “numerosità, complessità, articolazione e interdipendenza delle aree di risultato e delle aree di responsabilità” (Amigoni, 1978). Generalmente nelle start up c’è una sola area di risultato (azienda monoprodotto) e una sola area di responsabilità.
Diventa quindi di vitale importanza il ruolo che possono avere “mentor”, incubatori e acceleratori, dove risiedono queste competenze per l’esperienza e per una capacità finanziaria diversa oltre che per una “visione” strategica che è insita in queste organizzazioni.
COSA SI INTENDE PER CONTROLLO DIREZIONALE IN UNA START UP?
Innazitutto è fondamentale il CONTROLLO DI PROGETTO: spesso le startup sono sottocapitalizzate e non prevedono delle “contingency” finanziarie per recuperare in caso di errori di pianificazione. E’ fondamentale che la startup sia in grado di completare la fase di “apprendimento” con le risorse finanziarie a disposizione, prima di intraprendere la fase di “accelerazione” o di “scala”, cioè di espansione.
Generalmente i budget di progetto sono formulati con il metodo “burn rate” o consumo di cassa mensile. Questo metodo consente di monitorare mensilmente (ma anche settimanalmente) il flusso di cassa previsto, analizzando ogni singola voce (es. affitto, utenze, servizi amministrativi, materiali, personale ecc.) e riducendo allo zero tutte le uscite non relative al “core” del progetto di business.
Il metodo dell’ “earned value“, ossia del valore dei deliverable rilasciati fino al momento delle misurazione in seguito alle attività svolte, è molto più complesso. Fare stime “forward looking” è largamente al di sopra delle capacità di una startup in quanto richiede risorse finanziarie addizionali che spesso queste realtà non possono permettersi.
CONTROLLO DEL CAPITALE CIRCOLANTE: è bene tenere presente che il mancato o inadeguato controllo del “working capital” può essere la causa di fallimento di una startup. Il capitale circolante di una startup è il primo elemento finanziario da tenere monitorato e da pianificare, insieme alla cassa. Questo implica un definizione chiara dei tempi di incasso e pagamento (implica quindi buone capacità di negoziazione con clienti e fornitori) e una efficace ed efficiente gestione delle scorte.
Prendiamo ad esempio un’impresa che acquista della materia prima necessaria a produrre un prodotto finito da vendere ai propri clienti. Si anticipano quindi i costi ed in relazione alla legge italiana matura un credito IVA nei confronti dell’erario, che non potrà essere compensato con l’IVA a debito derivante dalle fatture emesse, in quanto il ciclo attivo spesso deve ancora partire nelle startup “early stage”.
E’ evidente che c’è un rischio finanziario insito in questo modello di business, che va gestito in primo luogo evitando di prendere decisioni “irreversibili”, tipo indebitamento e garanzie, successivamente attraverso un Cost Management efficace. In questo caso, valutare bene le opzioni di Make or Buy, tenendo presente che l’opzione Make implica investimenti e quindi “irreversibilità” (=maggiore grado di rischio). L’opzione Buy va sempre considerata come “il minimo possibile”, per contenere le uscite di cassa e quindi il “burn rate”.
Non appesantire la propria startup di costi eccessivi può significare, ad esempio:
– non prendere una sede che può essere un driver di costi insostenibili, ma domiciliarsi presso un coworking o un amico commercialista
– non investire in attrezzature di laboratorio, ma stipulare una convenzione con un dipartimento dell’università
– evitare di impegnarsi a lungo termine (in generale)
– non sottovalutare mai i “costi occulti”, dal piano della sicurezza, alla camera di commercio, ad altre tasse amministrative comunali.
In conclusione, spesso il controllo di gestione o controllo direzionale è considerato un “overhead” costoso e l’attenzione è focalizzata sul prodotto e sul mercato. Non bisogna però sottovalutare che la crisi di liquidità può determinare la morte del progetto di business ed è tanto grave quanto una sbagliata valutazione commerciale (sul lato domanda o sul pricing ad esempio) o di prodotto.
Saper misurare le proprie azioni, quelle del team, del progetto e “controllare” (nel senso anglosassone del termine, cioè “guidare“) il proprio Cash flow e le proprie risorse tecniche, economiche ed umane, rappresenta un fattore di successo e un vantaggio competitivo che forse non tutte le start up hanno. Forse è un punto su cui vale la pena riflettere.
Reblogged this on Massimiliano Bellunato and commented:
Condivido pienamente quanto scritto da Alessandra nel suo blog. Il Controllo Direzionale e’ l’unica vera assicurazione contro il rischio di fallimento, sia che si tratti di una startup che di un’impresa già esistente. La sua applicazione nel caso della startup descritto da Alessandra e’ molto chiaro e non c’è nulla da aggiungere. Aggiungo qualche riflessione sul tema del controllo nel caso delle PMI.
Spesso l’imprenditore ha fatto da se’ l’impresa e ha la presunzione (alcune volte corretta) di essere in grado di capire solamente “annusando l’aria” se le cose vanno bene o male. Ma quei tempi sono passati e le dinamiche competitive oggi non dovrebbe permettere neanche alle piccole imprese di navigare a vista, ma ciò spesso continua ad essere ignorato. Qui si può innescare il contributo della generazione successiva a quella attualmente alla guida, adeguatamente formata, che conoscendo l’impresa e il suo modello di business, riesce “in punta di piedi” ad introdurre il controllo di alcuni indicatori chiave per tener sotto controllo l’andamento della gestione.